"Forse sarà la sua grazia e la sua bellezza,
ma questo vino m'ha veramente emozionato,
c'ho sentito anche il gelato al cioccolato"
In queste parole dette alla fine della degustazione del Teroldego
Granato da un canuto signore, sempre presente agli assaggi più importanti,
si può racchiudere l'emozione che la giovane signora
Elisabetta
Foradori ha saputo trasferire ai presenti nella sala dell'hotel
Parco dei Principi di Roma il 4 febbraio, in occasione della verticale
di Teroldego "
Granato",
organizzata dall'AIS di Roma.
Ottimo esempio di empatia tra il prodotto e il produttore.
Più volte ha ribadito i concetti di armonia ed equilibrio per definire
gli obiettivi che si pone nell'ottenimento di un gran vino come
il
"Granato".
Una ricerca iniziata nell'
85, dopo gli studi di
enologia a San Michele all'Adige, anno in cui ha preso le redini
dell'azienda e con coraggio e determinazione, ha iniziato un lavoro
di reimpianto progressivo, abbandonando la famosa pergola trentina,
introdotta nella zona tra le due guerre, a favore di impianti a
guyot e rivolgendo particolare attenzione al lavoro in vigna e alle
selezioni massali.
Il Teroldego è un vitigno autoctono del Trentino che viene coltivato
per circa 400 ettari, esclusivamente nel Campo Rotaliano, una pianura
circoscritta da alte montagne che la riparano dai venti freddi e
ne mitigano il clima rendendolo adatto alla viticoltura. Il terreno
alluvionale, in prevalenza ghiaioso e ciottoloso, è ricco di componenti
minerali che si ritrovano evidenti nel vino conferendogli tipicità.
Le uve per la maggior parte vengono raccolte e fatte confluire in
grandi cantine sociali.
In un contesto culturale restio alle innovazioni coraggiose, Elisabetta
Foradori anziché puntare su tagli bordolesi, ha concentrato i suoi
sforzi su questo vitigno autoctono talvolta difficile: il Teroldego…
ed il suo è un grande Teroldego. Un Teroldego IGT (indicazione Geografica
Tipica) che proviene da rese di circa 60 quintali per ettaro a dispetto
dei 170 che il disciplinare impone per la DOC Trentina Teroldego.
"Il Teroldego è o non è" , non nasce da tagli.
Consapevole da subito delle grosse potenzialità del vitigno, che
da sempre ha le potenzialità di produrre vini ricchi di polpa, acidità
e tannini che venivano banalizzati da una resa di uve troppo alta
e con l'utilizzo di selezioni di cloni quantitativi a scapito della
qualità, ha iniziato il reimpianto progressivo di cloni selezionati
che ha portato dall'85 ad oggi, al quasi completo rinnovamento della
vigna. Rispetto dei tempi e della biodiversità.
"I biotipi diversi di una varietà sono come i propri figli,
si somigliano, ma non ce n'è uno uguale all'altro". La vigna
è fatta di tanti individui, di diversità e proprio l'incontro tra
questi rappresenta la ricchezza che costituisce l'inizio di quello
che diventerà poi il
Granato.
Un vecchio maestro zen diceva che le qualità essenziali per il comando sono l'umanità,la chiarezza e il coraggio. Elisabetta Foradori ci ha dato l'impressione di possedere queste capacità. Il vecchio maestro continuava dicendo che l'umanità senza la chiarezza è come possedere un campo e non ararlo. La chiarezza senza il coraggio è come piantare dei germogli e non liberarli dalle erbacce. Il coraggio senza l'umanità è come saper raccogliere ma non saper seminare .Possedere queste qualità è condizione necessaria ma non sufficiente se non c'è, come ha rimarcato la produttrice, una continua ricerca dell'equilibrio e dell'armonia tra di esse.
La cantina con il miglioramento dei processi di vinificazione, con
il controllo della fermentazione, con un saggio utilizzo della barrique
e un adeguato affinamento in bottiglia, ha dato un valido supporto
a quanto di già molto buono fatto in vigna. Il vino nasce in vigna,
la cantina lo svezza e lo rende adulto.
Ecco il
"Granato": le caratteristiche sono l'estrema morbidezza, se pur nel rispetto di un vitigno scontroso che talvolta può risultare ruvido, un tannino presente in maniera elegante e l'assenza di retrogusto amaricante. Il bicchiere risulta pieno di tutte le componenti che il vino promette all'olfatto.
Il Granato fermenta in botti di rovere e non subisce tempi lunghi
di macerazione: dopo circa 10 giorni il vino viene messo in barrique
nuove per il 60-70%, per un periodo di 18 mesi.